"Il teatro è un’arte sociale", da sempre è legato culturalmente e esteticamente alla «società» e «comunità». Nella sua espressività c'è una modalità collettiva anziché individualizzatrice.
Il teatro Terapia del Disagio Psichico
a cura di Donata dei Nobili
Sarà presentata la fiaba: “Lodoletta ed il Principe”.
Gli ospiti della Comunità “Gheel” e del Centro Diurno per la salute mentale dell’Associazione di Assistenza ed Accoglienza “Genoveffa De Troia”, in collaborazione con l’Associazione “Crescere”, Scuola di Counseling di Foggia, il prossimo 24 luglio, nell’ambito della manifestazione nazionale di Legambiente per il Sud, festambientesud, presenteranno la fiaba: “Lodoletta ed il Principe”.
Protagonista principale della fiaba è Lodoletta, una contadina felice di essere al mondo, che ama l’universo intero: il suo è un sentimento autentico, senza riserve di sorta.
A contenderla, per possederla, sono il Principe ed il Sultano. Il secondo, con mezzi poco legittimi, adopera forza e prepotenza, culminanti nel rapimento, fatto eseguire dai Bruti.

A favorire il fluire degli avvenimenti, fino allo scioglimento della narrazione, è, però, un Folletto, che media tra il Coro ed il Principe per mostrargli che non può esistere un amore esclusivo per una sola persona, odiando il resto del mondo.
A questo punto, fin troppo esplicita potrebbe sembrare la metafora della fiaba, ma i personaggi hanno voluto mettere in risalto l’impegno che tutti devono offrire in prima persona per costruire comunità solidali, senza odio e violenza.
Tra contesti abbrutiti dall’abbandono, dall’esclusione, dalla efferata violenza contro giovani donne - sembrano voler dire gli attori - e l’accettazione e la condivisione del dolore degli altri c’è un grande abisso. Da questa consapevolezza, si può e si deve ripartire.
Interpreti dello spettacolo, accanto al maestro di teatro, Michele Campanile, sono gli ospiti ed i volontari del “Gruppo- Teatro Genoveffa De Troia”, non attori abituali.
Per la seconda volta, hanno portato sulla scena il frutto del loro costante impegno nello studio di abilità teatrali differenti con il raggiungimento di livelli tecnici ed artistici di qualità.
Il gruppo si è ritrovato, ad ogni incontro, per condividere il piacere di stare insieme e creare qualcosa che lo rappresentasse e mostrasse l’ amicizia dei partecipanti.
Non a caso, l’elaborazione del testo teatrale è nata dal suggerimento di un’ospite. “Lodoletta ed il Principe” ha la struttura classica di una fiaba con un attrice protagonista: Carmela Granatiero e personaggi aiutanti ed antagonisti: Michele Sacco, Lucia Simone, Antonio Gabriele, Domenico Palumbo, Michele Notarangelo, Carmen Notarangelo, Angela Ciuffreda, Matteo Mangano, Tonino Pistacchi, Cinzia Castriotta, Matteo Armillotta, Daniele Mario, Giuseppe Tomaiuolo, Sabina Negri, Antonio Anzano, Laura Guerra, Cecilia Murgo, Maria Altomare Spadavecchia, Matteo Laroni, Francesca Nenna, Mario Petito, Angela Ciuffreda, Francesca De Roberis, Leonardo Lopez, Domenico Notarangelo, Piero Ricucci, Salvatore Totaro, Angela Guerra, Giulia Arena, Michele Campanile.
Non mancano momenti di forte coinvolgimento del pubblico, secondo uno scorrere dei fatti divertente e piacevole.
L’esperienza che vivrà il “Gruppo-Teatro Genoveffa de Troia”, non sarà fine a se stessa.
Gli attori hanno memorizzato delle parti da portare con sé nella vita, come se fossero pezzi della propria storia. Esperienze, punti di forza a cui aggrapparsi, utili al bisogno, quando correranno il rischio di essere nuovamente esclusi ed abbandonati, quando si vedranno attaccare addosso una diagnosi etichetta o quando si vedranno proporre massicce dosi di psicofarmaci di nuova generazione.
Si spera non accada, almeno fino a quando le emozioni non saranno diagnosticate come malattia.
Vieni a teatro a Monte Sant'Angelo. Venerdi 20 agosto 2021, chiostro "Le Clarisse"
a cura di Donata dei Nobili
Da quasi un ventennio, il laboratorio teatrale “Ridere Insieme” è uno spazio di gioco, libera espressione e riflessione per la comunità del Centro diurno attraverso cui viene portata avanti una ricerca sulla diversità, che esula i confini della retorica.
I frutti di questo lavoro vengono presentati al pubblico come un’occasione di confronto con i rimossi della società contemporanea e di relazione ad altri modi di essere. Va in scena quest’anno “La Collina”. Lo spettacolo reinterpreta le storie dolci-amare di Edgar Lee Masters e le taglienti ballate di Fabrizio De Andrè, arricchendolo di personaggi e temi originali. Il risultato è un racconto corale, che demistifica pregiudizi antichi e nuovi. L’elaborazione drammaturgica è di Nicola Notarangelo, mentre la messa in scena è il risultato del proficuo lavoro di Michele Notarangelo. I testi e la musica dei canti sono di Fabrizio de André, interpretati dalla chitarra e voce di William Prencipe e dalla tastiera di Raffaele Pio Fidanza. La coinvolgente elaborazione teatrale si è avvalsa dell’emozionante “Antologia” di Spoon River, una raccolta di poesie che il poeta statunitense Edgar Lee Masters pubblicò tra il 1914 e il 1915.

Locandina dello spettacolo teatrale
Il lavoro teatrale è un dramma “dialogante” e ha lo scopo di dar vita a nuovi mondi inclusivi, per scongiurare ogni forma di discriminazione etnica o sociale. Questo impegno drammaturgico è l'invito a guardare e riguardare i vissuti dell’uomo e degli uomini per vederli, comprederli e modificarli. Sul palcoscenico, ogni attore diventa insegnante per dire che “vedere” è l'esigenza di quest’epoca, molto distratta e assorbita dall’osservare quanto di preoccupante e disumano accade nelle nostre comunità. Attraverso il teatro, gli attori fanno parlare “i morti” per raccontare ai “vivi” che la “legge” degli uomini è mutevole e può essere modificabile.
A che serve, quindi, alzare muri fisici, culturali, sociali, etnici? A che serve la violenza degli stati e degli uomini? A che serve “bruciare ponti” per impedire il viaggio esistenziale dell’altro?
Gli attori non pensano di comprimere queste riflessioni con le tante banalità etniche e politiche. Per questa ragione, hanno messo in scena i tanti vissuti umani, spezzati. Questa gente pensa che il teatro possa creare le condizioni e l’opportunità per offrire a “chiunque” la possibilità, la sensibilità e la conoscenza di “vedere”, capire i risvolti degli agiti umani, spesso violenti, e iniziare a costruire il nuovo mondo, che si appresta a mutare le tante certezze della vita passata.
Una forte motivazione è la spinta emotiva dei protagonisti, che si è trasformata in spettacolo teatrale, affinché non si affidi ai “morti” il racconto di un modo di vivere ancora violento, primitivo e disumano.
Durante lo spettacolo, mentre si narrano storie quotidiane di bambini, donne e uomini, emerge l’antica esigenza della non - violenza e il nuovo bisogno di lasciare dormire sulla collina le tante vittime della sragione dei vecchi Stati.
Con il narrarsi teatrale, le “persone” del laboratorio teatrale “Ridere insieme” indicano che c’è il modo per vedere - e non guardare - l’arcaica violenza umana. La loro visione la svelano con l’arte teatrale, che si mostra in un vissuto volubile, in un insieme dialettico di contraddizioni nel quale tutti possono intervenire e mostrare le proprie idee, anche da vivi, senza affidare la propria denuncia al coraggio di parlare dei “morti”.
In questo scenario esistenziale, ancora una volta - e con la sensibilità e l’amore di sempre -, l’Associazione Genoveffa De Troia si ritaglia uno spazio di riflessione e di comunicazione, attorno a uno dei grandi temi della vita quotidiana: la fragilità.
La fragilità - che appartiene alla natura dell’uomo - è però guardata spesso come qualcosa che toglie alla vita valore e dignità. Condizionati come siamo da una sorta di esaltazione del bastare a se stessi, abbiamo paura di riconoscere e mostrare le nostre debolezze, i nostri limiti, il nostro bisogno di accoglienza, di aiuto, di cura.
Eppure Dio stesso ha scelto di abitare la fragilità e di incarnarsi in essa. È entrato nella storia manifestandosi con un corpo che è stato generato, nutrito, accudito, protetto; e poi disprezzato, deriso, ferito e abbandonato. E, quando la sofferenza è diventata troppo pesante, ha chiesto di non essere lasciato solo, manifestando il suo bisogno dell’altro.
Quell’umanità, che Cristo stesso ha voluto pienamente condividere, è un richiamo forte ad accogliere la domanda di presenza, di solidarietà, di vicinanza e, allo stesso tempo, può renderci consapevoli di quanto ogni persona sia bella e preziosa sempre, nella pienezza della forza e della salute come nel bisogno della malattia e della vecchiaia.
Basta un po’ di tempo, un sorriso, una carezza, una presenza silenziosa e paziente capace di ascoltare senza trasmettere fretta o fastidio.
C’è sempre una reciprocità: si dona ma si riceve più di quanto abbiamo donato.
Grazie a tutti, auguri e buona visione.
Che aspettate, inizia lo spettacolo
di Donata dei Nobili
Vieni a teatro a Monte Sant’Angelo. Venerdì 20 agosto, alle ore 20,30, nel chiostro “Le Clarisse”, l’associazione “Genoveffa De Troia” presenta il suo lavoro teatrale. Da quasi un ventennio, il laboratorio teatrale “Ridere Insieme” è uno spazio di gioco, libera espressione e riflessione per la comunità del Centro diurno attraverso cui viene portata avanti una ricerca sulla diversità, che esula i confini della retorica.
Vieni a teatro a Monte Sant’Angelo. Venerdì 20 agosto, alle ore 20,30, nel chiostro “Le Clarisse”, l’associazione “Genoveffa De Troia” presenta il suo lavoro teatrale. Da quasi un ventennio, il laboratorio teatrale “Ridere Insieme” è uno spazio di gioco, libera espressione e riflessione per la comunità del Centro diurno attraverso cui viene portata avanti una ricerca sulla diversità, che esula i confini della retorica. I frutti di questo lavoro vengono presentati al pubblico come un’occasione di confronto con i rimossi della società contemporanea e di relazione ad altri modi di essere. Va in scena quest’anno “La Collina”. Lo spettacolo reinterpreta le storie dolci-amare di Edgar Lee Masters e le taglienti ballate di Fabrizio De Andrè, arricchendolo di personaggi e temi originali. Il risultato è un racconto corale, che demistifica pregiudizi antichi e nuovi.

Attori del gruppo teatrale "Ridere insieme"
L’elaborazione drammaturgica è di Nicola Notarangelo, mentre la messa in scena è il risultato del proficuo lavoro di Michele Notarangelo. I testi e la musica dei canti sono di Fabrizio de André, interpretati dalla chitarra e voce di William Prencipe e dalla tastiera di Raffaele Pio Fidanza. La coinvolgente elaborazione teatrale si è avvalsa dell’emozionante “Antologia” di Spoon River, una raccolta di poesie che il poeta statunitense Edgar Lee Masters pubblicò tra il 1914 e il 1915.
Il lavoro teatrale è un dramma “dialogante” e ha lo scopo di dar vita a nuovi mondi inclusivi, per scongiurare ogni forma di discriminazione etnica o sociale. Questo impegno drammaturgico è l'invito a guardare e riguardare i vissuti dell’uomo e degli uomini per vederli, comprederli e modificarli. Sul palcoscenico, ogni attore diventa insegnante per dire che “vedere” è l'esigenza di quest’epoca, molto distratta e assorbita dall’osservare quanto di preoccupante e disumano accade nelle nostre comunità. Attraverso il teatro, gli attori fanno parlare “i morti” per raccontare ai “vivi” che la “legge” degli uomini è mutevole e può essere modificabile. A che serve, quindi, alzare muri fisici, culturali, sociali, etnici? A che serve la violenza degli stati e degli uomini? A che serve “bruciare ponti” per impedire il viaggio esistenziale dell’altro? Gli attori non pensano di comprimere queste riflessioni con le tante banalità etniche e politiche. Per questa ragione, hanno messo in scena i tanti vissuti umani, spezzati. Questa gente pensa che il teatro possa creare le condizioni e l’opportunità per offrire a “chiunque” la possibilità, la sensibilità e la conoscenza di “vedere”, capire i risvolti degli agiti umani, spesso violenti, e iniziare a costruire il nuovo mondo, che si appresta a mutare le tante certezze della vita passata. Una forte motivazione è la spinta emotiva dei protagonisti, che si è trasformata in spettacolo teatrale, affinché non si affidi ai “morti” il racconto di un modo di vivere ancora violento, primitivo e disumano. Durante lo spettacolo, mentre si narrano storie quotidiane di bambini, donne e uomini, emerge l’antica esigenza della non - violenza e il nuovo bisogno di lasciare dormire sulla collina le tante vittime della sragione dei vecchi Stati. Con il narrarsi teatrale, le “persone” del laboratorio teatrale “Ridere insieme” indicano che c’è il modo per vedere - e non guardare - l’arcaica violenza umana. La loro visione la svelano con l’arte teatrale, che si mostra in un vissuto volubile, in un insieme dialettico di contraddizioni nel quale tutti possono intervenire e mostrare le proprie idee, anche da vivi, senza affidare la propria denuncia al coraggio di parlare dei “morti”. In questo scenario esistenziale, ancora una volta - e con la sensibilità e l’amore di sempre -, l’Associazione Genoveffa De Troia si ritaglia uno spazio di riflessione e di comunicazione, attorno a uno dei grandi temi della vita quotidiana: la fragilità. La fragilità - che appartiene alla natura dell’uomo - è però guardata spesso come qualcosa che toglie alla vita valore e dignità. Condizionati come siamo da una sorta di esaltazione del bastare a se stessi, abbiamo paura di riconoscere e mostrare le nostre debolezze, i nostri limiti, il nostro bisogno di accoglienza, di aiuto, di cura. Eppure Dio stesso ha scelto di abitare la fragilità e di incarnarsi in essa. È entrato nella storia manifestandosi con un corpo che è stato generato, nutrito, accudito, protetto; e poi disprezzato, deriso, ferito e abbandonato. E, quando la sofferenza è diventata troppo pesante, ha chiesto di non essere lasciato solo, manifestando il suo bisogno dell’altro. Quell’umanità, che Cristo stesso ha voluto pienamente condividere, è un richiamo forte ad accogliere la domanda di presenza, di solidarietà, di vicinanza e, allo stesso tempo, può renderci consapevoli di quanto ogni persona sia bella e preziosa sempre, nella pienezza della forza e della salute come nel bisogno della malattia e della vecchiaia. Basta un po’ di tempo, un sorriso, una carezza, una presenza silenziosa e paziente capace di ascoltare senza trasmettere fretta o fastidio. C’è sempre una reciprocità: si dona ma si riceve più di quanto abbiamo donato. Grazie a tutti, auguri e buona visione.
La collina quale simbolo della morte e della vita
di Giuseppe Piemontese*
Ancora un grande successo del Laboratorio teatrale “Ridere insieme...” del Centro Diurno “Genoveffa De Troia” di Monte Sant’Angelo, che, sotto la Regia di Michele Notarangelo, ha presentato presso il Chiostro delle Clarisse, l’opera La Collina tra Masters e De Andrè”.
Un’attività teatrale più che ventennale, di cui vede protagonisti i componenti della Comunità del Centro Diurno attraverso cui viene portata avanti una ricerca sulla diversità, che esula i confini della retorica. “I frutti di questo lavoro, afferma Alemrac, vengono presentati al pubblico come un’occasione di confronto con i rimossi della società contemporanea e di relazione ad altri modi di essere”. La Collina rappresenta il luogo dove i personaggi che formano il racconto tratto dall’opera Spoon River del poeta statunitense Edgar Lee Master hanno trovato la loro sepoltura, accompagnato con musica e testi di Fabrizio de André. Due autori che hanno fatto delle loro opere una ragione di vita, raccontandoci il vissuto di uomini provati dal dolore e dalle sofferenze che la vita ha posto loro lungo il cammino dell’esistenza. Una esistenza caratterizzata dalla emarginazione, dall’essere ultimi nel provare la gioia della vita, dall’essere partecipe del benessere, esclusi da ogni diritto e da ogni libertà.

Gli attori del laboratorio stabile "Ridere insieme..." Centro Diurno di Monte Sant'Angelo, FG
L'Antologia di Spoon River è una raccolta di poesie in versi liberi scritta dal poeta statunitense Edgar Lee Masters e pubblicata tra il 1914 e il 1915 sul Mirror di Saint Louis. Ogni poesia racconta, in forma di epitaffio, la vita dei residenti dell'immaginario paesino di Spoon River (il cui nome deriva da quello di un omonimo fiume realmente esistente, che scorre vicino a Lewistown, città di residenza di Masters), sepolti sulla collina nel cimitero locale.
Lo scopo di Masters è quello di demistificare la realtà di una piccola cittadina rurale americana. La caratteristica saliente dei personaggi di Edgar Lee Masters, infatti, è che, essendo per la maggior parte morti, non hanno più niente da perdere e quindi possono dire qualsiasi cosa sulla loro vita, vissuta ai margini della società, in assoluta sincerità. Il cantautore Fabrizio De André lesse Spoon River nel 1970, rivedendosi in alcuni personaggi e scelse nove poesie dall'intera raccolta e ne trasse liberamente dei testi e scrisse delle basi musicali per essi.
La Collina rappresenta l’intermezzo fra la Vita e la More, fra il Cielo e la Terra, fra il Bello e il Brutto, fra l’Uomo e la Natura. Il Cielo come espressione dello Spirito e la Terra come espressione dell’Uomo, con i suoi limiti, le sue fragilità, le sue passioni, i suoi dolori, le sue sofferenze quotidiane. La Collina come il mondo di mezzo, dove il Male si contrappone al Bene, per sopraffarlo e rendere l’Uomo schiavo delle sue passioni e dei suoi istinti di distruzione. Ne viene fuori, nei racconti dei personaggi tratti non solo dal passato di Spoon River, ma anche del presente, la società contemporanea, con le sue problematiche, i suoi mali che ritroviamo nel razzismo, nella disuguaglianza, nella povertà, oltre che nella incapacità di vivere una vita normale, fatta solo di privazione e di malattie. Una umanità sofferente, che attraverso i personaggi de La Collina, anche dopo la morte, viene a galla e ci dà il senso della solitudine e della sofferenza umana.
Tutta l’opera teatrale è caratterizzata dalla presenza della morte, che ritroviamo lungo i sentieri della vita e di cui gli attori hanno saputo darci la dimensione umana, attraverso il loro pathos e la loro grande professionalità di recitazione, sotto la guida di Michele Notarangelo. Afferma a tale proposito Matteo Notarangelo: “ Il lavoro teatrale è un dramma “dialogante” e ha lo scopo di dar vita ai nuovi mondi inclusivi, per scongiurare ogni forma di discriminazione etnica o sociale. Questo impegno drammaturgico è l’invito a guardare e riguardare i vissuti dell’uomo e degli uomini per vederli, comprenderli e modificarli”.
Di grande spessore culturale è stata la presentazione dell’opera da parte di Matteo Gabriele, con la partecipazione simultanea di Franco Nasuti, la quale voluto mettere in evidenza l’alto valore simbolico dell’opera, con riferimenti al significato dell’amore per gli ultimi, quelli che vivono ai margini della società, e che purtroppo oggi vengono tenuti esclusi da ogni benessere, in un mondo che vede solo il profitto e l’arrivismo. Una poetica, espressa nell’opera La Collina, che pone al centro del suo racconto, il vissuto di tanta gente, costretta a subire la vita attraverso l’odio, la sofferenza, le malattie, la schiavitù, il razzismo e ogni forma di sfruttamento da parte dei cosiddetti “sovrastanti”, termine di cui ha fatto menzione Franco Nasuti a proposito dell’opera musicale di Matteo Salvatore e di Fabrizio de André, di cui sono stati eccellenti interpreti i giovani William Prencipe e Raffaele Pio Fidanza.
Ma un elogio spetta a tutto il gruppo di attori che fanno parte del Laboratorio teatrale “Ridere insieme…”: Biagio Salcuni, Tommaso Gentile, Cinzia Castriotta, Carmela Granatiero, Maria Pia Campobasso, Felice Bisceglia, che, coadiuvati da Nicola Notarangelo, che ne ha adattato il testo e da Michele Notarangelo, nella qualità di Regista, con l’elaborazione grafica di Maurizio Totaro e con le luci di Antonella Armillotta, hanno fatto si che il pubblico, nelle due edizioni del 20 e del 23 Agosto, apprezzasse l’opera e ne decretasse il successo.
Un’opera che non appartiene solo agli Autori e ai suoi personaggi, ma che appartiene a tutti, in quanto in ognuno di loro, noi stessi ci vediamo riflessi, ne siamo parte, in quanto storie di uomini vissuti con i loro amori, le loro passioni, le loro sofferenze, le loro gioie, i loro odi e i loro sogni. In questo senso l’opera La Collina è un'opera che appartiene a tutti noi, in quanto ci fa scoprire il senso della vita attraverso il vissuto di ognuno dei personaggi rappresentati, che poi siamo noi stessi, specie, oggi, in cui il mondo è attraversato da odi etnici, di differenze di religioni, di emigrazioni di interi popoli, con morti che galleggiano sulle acque del nostro Mediterraneo, un tempo simbolo di civiltà e di incontri fra i popoli. Di tutti ciò vi sono testimonianze di tanti morti, come George Floyd, Amina, Samir, che ci raccontano la loro vita stando fermi lungo i sentieri della Collina, ad ammonirci delle ingiustizie del mondo, le ineguaglianze del nostro vissuto contemporaneo.
*Società di Storia Patria per la Puglia

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