Problematiche sociali. Notizie provenienti dalle NEWS di Società e Cittadinanza - Discussioni culturalie riflessioni
FILOSOFIE (DEI) MISERABILI
di Luca PAROLDO BONI
Idee deliranti, ma che godono di un seguito minoritario assolutamente rilevante; pochi decenni fa avrebbero garantito una diagnosi psichiatrica, oggi non sono più corredate dal criterio della non condivisione.
Cominciamo con alcune statistiche fornite pochi mesi fa dal Censis, l’autoevidenza delle quali rendono il resto dell’articolo un mero esercizio di stile ed erudizione.
Per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile, per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano “fanno da cavie”, per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone.
Idee deliranti, ma che godono di un seguito minoritario assolutamente rilevante; pochi decenni fa avrebbero garantito una diagnosi psichiatrica, oggi non sono più corredate dal criterio della non condivisione.

Associazione Pragma Filosofo o Complottista? Di Maddalena Bisollo | Pragma
Il cospirazionista è uno scettico radicale incosciente, parte di un processo paranoico diffuso. Il brodo di coltura nel quale la pandemia ha svolto il ruolo di catalizzatore di processi già in corso da decenni sono relativismo radicale, antintellettualismo, irrazionalismo, sfiducia nel pensiero competente, mediocrità delle élites (politiche e culturali), qualunquismo. Ciò che rende preoccupante il fenomeno è il fatto che questo si presenti anche in forme d’odio indistinto verso supposte elites culturali, politiche ed economiche, con gravi rischi per la democrazia.
Lo abbiamo visto chiaramente da questa e dall’altra parte dell’oceano.
Benché, dall’Illuminismo in poi, il fulcro del pensiero occidentale si sia trovato nella logica e nella oggettività, nei momenti di incertezza vacilla. Questo sbandamento culturale lo si può leggere come la tracimazione nella cultura di massa di deliqui filosofici post-moderni.
A partire dalla metà del XX secolo, una serie di correnti ideologiche hanno iniziato a confluire e poi ibridarsi in un punto della mappa culturale in cui si diffida di ogni informazione data per certa. Sono le cosiddette “filosofie della crisi” generalmente inquadrate sotto l’etichetta di “pensiero post-moderno” (nichilismo,post strutturalismo,decostruzionismo) , secondo le quali è illusorio cercare la verità, essendo questa sempre filtrata dal vissuto esperienziale di ognuno. Un pensiero, pertanto, che si caratterizza per una concezione relativistica del sapere, per l’ostilità nei confronti della oggettività scientifica e un apprezzamento di qualsiasi tradizione lontana dal pensiero razionale. Un make up intellettuale, col suo rigetto della razionalità strumentale, della fiducia nel progresso e nelle possibilità di mutamento sociale.
Tutto cominciò con Jean-Francois Lyotard, col suo il libro ‘’La condizione postmoderna in cui annunciò la fine delle “grandi narrazioni”. Idee e le spiegazioni che fornivano all’uomo dei riferimenti che davano ordine al mondo, come la religione e le ideologie, hanno fallito e quindi terminato il loro percorso. Ora, essendo la scienza la più tipica delle “grandi narrazioni” della modernità, anche questa ha perduto definitivamente la sua autolegittimazione e si è ridotta ad essere una delle possibili ideologie. Insomma, se la gioca alla pari con lo sciamanesimo e la New Age. Senza alcun vantaggio ; e il richiamo all’esame della realtà è liquidato come eccedenza di positivismo. Da qui la sfiducia nei saperi costituiti, nelle scienze esatte, in tutto ciò che è il cosiddetto “pensiero competente”.
Le conoscenze scientifiche vengono degradate a miti condivisi e i miti rivalutati come forme universali di conoscenza. Astronomia e astrologia, per esempio, divengono due “tradizioni”, due culture con eguale dignità, benché l’astrologia sia sicuramente più interessante, perché pre-moderna e democratica, non chiusa alla pratica per le persone non scientificamente competenti. E qui l’idea di autorità, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra. Accade, inevitabilmente, che qualcuno risulti più dotato di carisma di qualcun altro, e finisca per essere più ascoltato. In pratica, non è vero che tutti i pareri siano ugualmente autorevoli: a qualche individuo più che ad altri – abbiamo tutti bisogno di padri, diceva Freud – viene attribuita una maggiore dose di saggezza. In questo modo, rifiutando gli esperti ci si ritrova fra le braccia dei santoni.
La descrizione si attaglia perfettamente alla situazione in cui i social media, pullulano di “guru” le cui voci alternative parlano alle emozioni ed ai pregiudizi di una massa di scettici del sapere ufficiale.
La sostituzione degli “esperti” con i “santoni” non rappresenta alcun problema per lo scettico postmoderno. L’epistemologo austriaco Paul Feyerabend aveva già inaugurato l’anarchismo metodologico (che si potrebbe meglio definire “dadaismo”). In testi come Addio alla Ragione, Contro il metodo, La Scienza in una Società libera , Feyerabend negava qualunque valore al metodo scientifico ribaltando quanto scriveva Kant sull’oppressione dell’ignoranza e sul potere di liberazione del sapere. Il sapere diventa così un potere oppressivo e l’ignoranza una forza liberatoria. Il diritto ad una sorta di santa ignoranza che deriva dal relativismo radicale porta con sé la pretesa “democratizzazione” della conoscenza e la competizione fra “tradizioni”, siano esse l’astronomia o la danza della pioggia. Il Nostro si fece fautore di un controllo popolare sulla scienza e sugli scienziati. Scriveva: ‘’Comitati di profani eletti pubblicamente devono accertare se la teoria dell’evoluzione è davvero così ben fondata come vogliono farci credere i biologi, se una “buona giustificazione”, come la intendono loro, esaurisce veramente la questione e se nelle scuole non debbano essere presentate anche altre opinioni, come per esempio la dottrina della Genesi’’.
Feyerabend prelude, in pratica, il populismo e la demagogia dell’“uno vale uno” nei cui cascami politici la contemporaneità si trova ad inciampare. Anticipa, altresì, le tesi del comunitarismo nordamericano, corrente di pensiero non propriamente progressista, che pretende che lo Stato riconosca le irriducibili peculiarità culturali di ciascuna comunità, avallando con ciò qualunque teoria o costume di cui queste fossero portatrici, anche qualora fossero illiberali e ostili alla democrazia. Esattamente come fanno i difensori delle “sette”. Se esiste la libertà di culto, che diritto abbiamo poi di criticare il guru che sfrutta sessualmente o economicamente i suoi adepti?
Lo stesso Ratzinger si è servito di Feyerabend per sostenere che dopo tutto quello tra Galileo e Bellarmino fosse una semplice disputa tra schemi concettuali equivalenti, e che i contrasti interni alla razionalità umana sono in quanto tali irrisolvibili, la cui soluzione si troverebbe solo facendo ricorso a una razionalità superiore.
Le convinzioni dogmatiche di tipo religioso sono infatti assai vicine alle posizioni relativistiche perché sono concezioni soggettivistiche: si parte dalla convinzione interiore anziché dall’esame della realtà, come invece avviene nella ricerca scientifica.
Un ultimo pensiero per il compianto Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina nel 2008 e campione assoluto dei no-vax. I suoi apporti più recenti riguardano la cura del Parkinson con la papaya ed alcuni studi sulla memoria dell’acqua.
LA COSCIENZA DEI LUOGHI
di Giuseppe Piemontese *
Ci avviamo verso le Elezioni Amministrative 2022 e ognuno di noi ha la speranza che la propria città abbia un destino migliore di quello che stiamo vivendo, sia sul piano sociale che sul piano economico.
Quest’ultimo aspetto purtroppo determina spesso un disagio fisico e psichico in quanto le condizioni economiche producono, specie nelle famiglie, una mancanza di speranza nel proprio futuro, anche perché oggi nella nostra città ci sono poche possibilità di trovare lavoro e, quindi, di immettersi con facilità nel settore produttivo. Eppure la città di Monte Sant’Angelo ha un enorme spazio territoriale, superiore a tanti Comuni garganici, con grandi potenzialità in diversi settori economici, da quello agro-forestale a quello industriale, legato alla Piana di Macchia, a quello turistico-religioso legato al Santuario di San Michele e ai Beni culturali e paesaggistici. Eppure questi settori oggi sono pochi conosciuti e poco sfruttati, in quanto manca quella che oggi gli studiosi chiamano “la coscienza dei luoghi” o più specificatamente la conoscenza del proprio territorio. Ecco quindi la necessità di conoscere il territorio su cui la città governa e da cui trae la sua stessa ragion d’essere.

Boschi del Gargano
La Valle di Carbonara
In questi ultimi anni il dibattito sulla globalizzazione e lo sviluppo legato al capitalismo e al neoliberalismo ha portato in primo piano la problematica legata alle economie locali, spesso sacrificate alla ragione del profitto generalizzato, che tende ad annullare le identità dei territori e, quindi, la conoscenza dei propri luoghi. Su questo argomento o sulla problematica fra globale e locale, sono sorte diverse scuole che fanno capo, da una parte ai cosiddetti territorialisti e dall’altra ai cosiddetti globalisti.
Alla scuola dei territorialisti appartengono diversi studiosi, fra cui Alberto Magnaghi fondatore a Firenze della Scuola territorialista ed autore di diversi libri fra cui Il progetto locale. Verso la coscienza del luogo (Bollati Boringhieri, Torino 2000), l’ex Presidente della Corte dei Conti, Paolo Maddalena, con il suo libro Il territorio bene comune degli italiani.
Proprietà collettiva, proprietà privata e interesse pubblico (Donzelli, Roma 2014) e Giacomo Becattini, Professore di Economia presso l’Università di Firenze, autore di doversi libri, fra cui Ritorno al territorio (2009) e La coscienza dei luoghi (2015).
Questi autori indicano nelle loro opere la strada per intraprendere processi reali e fattivi di sviluppo locale, tanto da essere considerati come punto di riferimento per tanti territori che hanno intrapreso la strada dello sviluppo locale. Speriamo che anche il nostro territorio, con la sua Città micaelica e con il Santuario di San Michele, Patrimonio mondiale dell’UNESCO, possa un domani intraprendere la strada per uno sviluppo condiviso. Ciò che noi tutti ci aspettiamo con le Elezioni Amministrative 2022. Un radicale cambiamento in nome della coscienza dei luoghi.
Nel libro La coscienza dei luoghi, Giacomo Becattini vuole richiamare l’attenzione sull’importanza che hanno i luoghi intesi come saperi e cultura identitaria, visti nell’ambito di un’economia che si basa prevalentemente sulle potenzialità che esse hanno, come nel caso della città micaelica, fra cui la Piana di Macchia, la Valle di Carbonara, Pulsano, la Foresta Umbra, con i numerosi boschi di proprietà comunale, i Beni culturali, il Centro storico, il Turismo, la Cultura e altro.
Afferma a tale proposito A. Magnaghi: “Il luogo dunque, in questa visione, è interpretato come frutto di un processo coevolutivo fra natura e storia delle civilizzazioni (per usare un linguaggio geddesiano), che deposita saperi e sapienze in un sistema vivente ad alta complessità (per usare un mio linguaggio), da cui gli abitanti di un luogo “in coro” sviluppano l’identità produttiva del luogo stesso. Identità che è dinamica (ovvero produce sempre nuove capacità produttive) poiché il luogo stesso è vivente e dunque evolve”. In questo senso il territorio dei luoghi viene studiato come generatore “corale dei loro caratteri”, riaffermando così la superiorità del “principio territoriale” sul “principio funzionale”.
In altri termini ogni territorio, riguardante la città su cui verte la giurisdizione amministrativa, deve essere considerato innanzitutto come “bene comune”.
Un concetto che “ci conduce a cogliere il nesso fra la visione della “coralità produttiva” dei luoghi e quella che dovrebbe essere la finalità ultima della produzione, ovvero la “felicità delle persone” (Becattini, 2015, p. XIII). Il territorio come “bene comune”, deve essere inteso come “bene collettivo” su cui la comunità deve esercitare la sua azione di governo, attraverso una piena condivisione e partecipazione. Purtroppo sono anni che, per quanto riguarda il territorio di Monte Sant’Angelo, stiamo assistendo ad una sua completa trascuratezza, tanto che nessun Progetto o Piano prevede che i nostri “beni collettivi” siano inseriti in un processo produttivo al servizio del “bene comune”. Del resto è sotto gli occhi di tutti l’abbandono del nostro patrimonio agro-forestale, con migliaia di ettari (6.000 ha) senza alcun reddito, nè inserito in un Piano di sviluppo economico.
La Piana di Macchia priva ancora di un Piano turistico-economico o di un Piano industriale ecosostenibile, il settore dei Beni culturali alla mercè dei privati che non portano alcun vantaggio alla collettività locale, così come il turismo è privo di iniziative a livello commerciale ed artigianale. Per non parlare poi dell’abbandono del Centro storico, con conseguente fenomeno emigratorio. Tutto questo perché ancora non si ha una vera e propria coscienza e conoscenza dei nostri luoghi, che sebbene hanno grandi potenzialità socio-economiche, ancora sono del tutto ignorati e trascurati.
*Società di Storia Patria per la Puglia
L’emorragia di personale sanitario e la risoluzione della VIIª Commissione
di Matteo Impagnatiello*
Negli ospedali mancano medici e infermieri. La pandemia da coronavirus ha colpito duramente il Paese, mettendo a nudo le già presenti criticità del Servizio Sanitario Nazionale, stremato da un definanziamento di circa 28 miliardi, sottratti alla sanità pubblica dal 2010 al 2019.
Nonostante la cronica carenza di medici e infermieri, in Italia resta tuttora in vigore il numero programmato per accedere alle facoltà medico-scientifiche. Nel 2019 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) aveva rilevato che il numero dei medici, sia coloro che lavoravano presso i nosocomi pubblici sia i medici di famiglia, era in calo. Più della metà dei sanitari aveva superato i 55 anni di età, quindi molto vicini al pensionamento.
Ancora più grave è la situazione riferita agli infermieri: nel 2019 il loro numero era inferiore alla media dell’Unione europea (5,8 ogni mille abitanti contro gli 8,5 della Ue). Il covid non ha fatto altro che peggiorare il quadro. Oggi mancano più di 60.000 infermieri: quasi 27.000 al nord, circa 13.000 al centro e 23.500 al sud e nelle isole. Si stima che tra il 2020 e il 2024 andranno in pensione 35.129 medici e 58.339 infermieri, creando un vuoto d’organico di 8299 medici e 10.054 infermieri.

Far parte del Personale Sanitario
L’undici febbraio scorso, la VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera dei deputati ha adottato una risoluzione in cui- si legge al punto 3 della medesima- impegna il Governo “ad adottare iniziative per garantire un incremento congruo, pari o superiore al 10% del valore attuale, del numero delle ammissioni ai corsi di laurea di cui in premessa”.
Il ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, ha dichiarato che il suo ministero interverrà sulle domande somministrate nelle prove d’accesso ai corsi di medicina e chirurgia, che conterranno meno cultura generale e più parte tecnica. Inoltre, il ministro ha specificato che “dal prossimo anno l’accesso programmato per medicina e chirurgia diventa un percorso: ci saranno investimenti per l’orientamento e la preparazione sin dalle superiori e al posto del quizzone ci sarà un test di orientamento e ingresso che potrà essere ripetuto. Continuerà a esserci una data nazionale stabilita dal ministero, ma sarà quella in cui tutti i candidati dovranno inserire a sistema il punteggio migliore conseguito nei test partendo dai quali verrà costruita la graduatoria nazionale”.
Migliore strategia gattopardesca non poteva essere messa in campo.
Intanto, per almeno dieci anni il blocco di nuove assunzioni ha reso impossibile la sostituzione del personale sanitario che cessava il rapporto di lavoro. Questa carenza di personale ha significato- per medici e infermieri rimasti a lavorare negli ospedali- dover gestire un carico di lavoro che ha mal conciliato la vita lavorativa con quella privata. I medici denunciano il mancato ricevimento di incentivi oltre che lo scarso coinvolgimento nei processi decisionali. Sono accresciuti i compiti burocratici e il rischio di denunce e/o aggressioni. Nel 2009 i medici ospedalieri che hanno scelto di licenziarsi sono stati 1849; nel 2019 sono aumentati fino a diventare 3123.
La professione infermieristica sconta una organizzazione del lavoro non ottimale. Accade, spesso, che personale di reparti con proprie specifiche competenze (ciò è avvenuto in particolar modo durante la pandemia, per sopperire al sottorganico diffuso e realizzare in tutta fretta i reparti per il trattamento dei pazienti contagiati dal coronavirus) venga all’improvviso trasferito e smistato in altre sezioni, annullando così l’esperienza acquisita e arrecando disagio al personale interessato.
Non va meglio ai medici ospedalieri che, a maggio del 2021, avevano accumulato più di cinque milioni di giorni di ferie arretrate e più di dieci milioni di ore di straordinario. Non c’è da meravigliarsi, quindi, per il costante aumento delle dimissioni di personale dalla sanità pubblica.
Per colmare gli importanti vuoti d’organico, la risoluzione sta nell’abolizione del numero chiuso. Affinché non resti una chimera, essa va accompagnata da maggiori risorse da destinare alle università. Tali risorse andranno a coprire i costi per la costruzione di nuove aule, l’implementazione del corpo docente, l’ampliamento delle borse di specializzazione: così da poter ospitare decine di migliaia di studenti desiderosi di prestare, un giorno, il giuramento di Ippocrate.
In attesa di una classe politica responsabile e capace, che intervenga con provvedimenti tesi a sbloccare l’impasse in cui versa la sanità italiana, chi si prenderà cura di noi?
*Matteo Impagnatiello Membro Comitato Scientifico Unidolomiti

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