Racconti e riflessioni di Pasquale Biscari intrisi di riflessioni culturali e tra le righe voglia di pace

05 marzo 2021

La discesa all'inferno, un viaggio nei miti. Il  nuovo romanzo di Pasquale Biscari

I miti sono lo spirito degli antichi progenitori, la loro concezione della vita, del mondo, degli dei, degli uomini. L’Autore, nel narrare, si narra.

L’ultima pubblicazione di Pasquale Biscari, “Dicerie di un saggiatore di vaccini e un anestesista”è ricca di elementi simbolici. Il lavoro è stato pubblicato dalla BastogiLibri/Percorsi Narrativi. Un testo elegante, arricchito dalla prefazione del giornalista, scrittore Pino Aprile. A prima lettura, sembra un “giallo psico”. Ma poi… L’Autore lo scrive subito: “Senza l’armonica non avrei mai immaginato di scendere nell’inferno della Caverna per riportare a casa la mia compagna Marlena”. Scendere nell’inferno della Caverna… Quale inferno? Quale Caverna? Sono due interrogativi che il Lettore si pone, dopo aver letto il secondo periodo della prima pagina. Il mistero dei “non luoghi” fa pensare che la fonte segreta del narratore sia da cercare nella psiche umana. A chi legge, non viene concessa la  dolce melodia della spensieratezza. Non ci sono indugi. Nel romanzo, senza citarlo, irrompe Carl Jung. Lo psicoanalista  che è già “sceso nell’inferno della caverna” della psiche dell'uomo per svelare, per divulgare all’umanità che in ogni individuo coesistono un inconscio personale,  depositario dei vissuti soggettivi, e un inconscio collettivo, depositario dell’eredità psichica di tutta l’umanità. Questa presa di coscienza, scuote l’ignaro lettore, che lo vincola a non lasciare niente all’ indolenza della mente. Il romanzo è seducente e racconta di un amore, di una storia, di un dolore, di un mito e poi di una Musa barbona, che ha stregato l’Io narrante.

Pasquale Biscari

L’incipit è ammaliante. “Nel corso di un'estate ho imparato a suonare l’armonica da Cesare, una donna matura dall’aspetto malandato, una barbona che viveva in una baracca ai margini del fiume. Era lei la mia Musa barbona…”. Cesare era alta, robusta, vestiva una tunica lunga, mi pareva Minerva, racconta Samuele, il protagonista del romanzo.
Da lei apprese a suonare l’armonica e l’arte amatoria.
Per gli antichi Greci, le muse erano nove sorelle, figlie di Zeus e Mnemosine, custodi della cultura e delle arti.

E il romanzo è un viaggiare nella mitologia, nella narrazione di storie di personaggi immaginari. E se avesse ragione Evemero, filosofo siciliano, che, nel 316 a. C., vide nei miti e nelle leggende storie di uomini che si erano resi illustri, a cui il popolo riconosce onori divini?

I miti
I miti sono lo spirito degli antichi progenitori, la loro concezione della vita, del mondo, degli dei, degli uomini. L’Autore, nel narrare, si narra. Lui, è consapevole che il comune retaggio dell’esperienza passata ha dato origine agli archetipi, che introducono nella coscienza  una vita psichica ignota, appartenente a un passato remoto. Questo mondo interiore il lettore lo ritrova nel racconto. Lo Scrittore non lo nasconde. Il suo protagonista, Samuele, è in analisi dalla psicoterapeuta Condoleezza Cortez  Ajeda per ripercorrere i luoghi e i tempi della memoria, capire i suoi vissuti sedimentati nel subconscio e accettare il lavacro, respirando i vapori di un diffusore di oli essenziali. Samuele è, ormai, studente universitario e studia Lettere Classiche. Nella sua vita privata, non fa mistero del suo sapere classico. Non ha segreti, la sua vita interiore la mostra con il disegno stilizzato sul davanti della sua felpa. Quel disegno non era altro che l’epifania di uno dei suoi materiali psichici, depositati  nelle sue profondità interiori, uno tra quelli confessati. Sulla felpa era rappresentata Euridice, posata sulla spalla del suo Orfeo, mentre teneva la mano in quella del Dio dei viaggi, Mercurio, che li guidava lungo il sentiero. Era la figura sognante di Euridice, sospesa tra la vita e la morte. Euridice è una ninfa, figlia di Lacedemone, sposa di Orfeo, che muore per il morso di un serpente. Orfeo, impazzito dal dolore, scende nell’Ade per cercarla e portarla in vita. Lui, lo può fare: con la sua armonia riesce a incantare gli esseri viventi, i demoni e le anime dei trapassati. Il viaggio di Orfeo agli inferi è la scoperta dei più oscuri anfratti della psiche umana, in cui risiedono gli indicibili orrori e timori. Il figlio di Eagro ottiene dalla regina degli inferi di portare in vita Euridice,  purché non si volga a guardarla prima dell’uscita di quel luogo tenebroso, ma, sulla soglia dell’Ade, Orfeo si volta e Euridice  gli viene tolta per sempre. Samuele, invaghito dei miti antichi e della Cantata di R. M. Rilke, vede in quel canto il viaggio disperato per riportare a  casa la sua amata Marlena. Allora, qual è  la storia romanzata di Marlena e di Samuele? Perché è finita in una caverna nel mondo sotterraneo di un ricco professionista, qual è il dottor Dentale?

La storia
Samuele, ormai adulto, ripercorre, nello studio della psicoterapeuta, i suoi vissuti, le sue ferite psichiche, per guarire dal male d’amore. E racconta che ancora adolescente, dopo aver offerto a Cesare, la dea barbona, la sua innocenza, un giorno tenebroso la vide andar via, travolta dal fango e dall’acqua. Quel giorno, -racconta- venne per sconvolgere la sua vita. Da allora, Samuele Rodamonti cercò di incontrate  la sua musa nel mondo dell’irrealtà: lo sdoppiamento psicotico. La ferita psichica si rimarginò quando un giorno, a Reggio Emilia, sotto un portico di Piazza San Prospero, incontrò Marlena Savio. Samuele e Marlena erano garzoni di cucina. Marlena era bellissima. Il suo lavoro consisteva nel girare fra i tavoli per attirare gli avventori. “Coi jeans cuciti sui glutei e le magliette con scolli fondi -scrive l’Autore-, la garzona mostrava tutto ciò che aveva dentro; il suo avanti e dietro tra i tavoli fuori dal locale, valeva più dei volantini e gli annunci della radio messi insieme”. A Samuele, sguattero palestrato, il suo principale gli propose di sedurre la ragazza per limitare la concorrenza.  Samuele accettò e, dopo poche settimane, i due abbandonarono il lavoro nelle due osterie per andare a vivere insieme. Furono giorni d'amore e di igannevole estasi. La felicità non durò tanto. Con lo scorrere del tempo, la vita presentò il suo conto. Per sopravvivere, Samuele accetta il lavoro di saggiatore di vaccini e principi attivi nel laboratorio segreto di una prestigiosa casa farmaceutica. La bellissima Marlena, spinta dalla madre, lasciò Samuele per legarsi a un ricco professionista, che la seduce e poi la rinchiude in un sotterraneo. Sono momenti terribili, quelli che vive Samuele. Sono giorni di tristezza, solitudine e bevute esagerate. Sono i giorni della solitudine e dell'isolamento. Sono i giorni in cui, anche lui, parte dei miti, gioca e accarezza il suicidio. Samuele non si diede per vinto. Sfida e vince il destino. Nella Cantate di R. M. Rilke trova il modo per riportare a casa Marlena.  Con lui, ci sono donne e uomini con il cuore levigato dalla vita. C'è la sua psicoterapeuta. C'è Marvin, l'anestesista, cliente della psicotetapeuta, per una storia di sudditanza psicologica. E poi, l'investigatore privato, il genio Cublan,  il dotto Arcovaldo e la serella di Marlena, Carlotta. A questo punto, il romanziere Pasquale Biscari si ferma e lascia al lettore la facoltà di indagare per veificare se Samuele vuole liberare o uccidere Marlena. Il romanzo si tinge di giallo psico, che i coprotagonisti dovranno scoprire e risolvere.   Nei tanti accadimenti, il lettore incontrerà tanti miti e tante storie mitologiche, per ricordargli che anche lui è parte di un mondo di luci e di tenebre.

26 marzo 2021

Bagatella a la Gare du Nord

*di Pasquale Biscari

PASQUALE BISCARI (anestesista-rianimatore), scrittore.
Vive tra MONTESANT’ANGELO e REGGIO EMILIA. Da diversi anni si occupa di letteratura e ha curato alcuni premi letterari per la Poesia e la Narrativa. Suoi libri recenti sono: Ci sarà una volta, Violette di Borbonia, Sciacalli bianchi, Il paese di Nanà, Dicerie di un Saggiatore di Vaccini e un Anestesista.
Bagatelle a la Gare du Nord è un racconto a tratti frizzante e ironico, a tratti profondo e umano per le tematiche Marginalità - Eutanasia - Dolore. In un contesto culturale e sociale molto attuale, i personaggi discutono, (in una stazione ferroviaria di Parigi), sui problemi etici dell’uomo di oggi.

- Le Réverbèr! le Réverbèr! Bimensuel de la precaritè ! Putain de Mort! - Mi trovo alla Gare du Nord di Parigi in attesa del treno per l’Italia e le grida di un giovane strillone che vende giornali attirano la mia curiosità.
- Una copia, per favore… - gli chiedo mentre mi passa davanti.
- Ah ! lei italiano, monsieur?  Prego - Resto incuriosito dall’intestazione del giornale che mi porge: Le Reverber. E’ un giornale dove si parla un po' di tutto; un quindicinale della precarietà, non sovvenzionato, non engagé - dicono qui - e con un titolo a dir poco impressionante: Puttana di Morte!
Già! Due gran brutte laide la precarietà e la morte, due sorellastre che danzano insieme nei teatri della disperazione, pare che il genere umano non possa proprio fare a meno delle loro cortesie. Provo subito un certo interesse per via del mio lavoro e me ne convinco sempre più mentre vado avanti nella lettura, di precarietà ce n’è più di quella che si vede. Nell’hotel sono stato accolto dal sorriso di una portiera nord africana coi denti come avorio e due occhi sfavillanti. Si è scusata per il caldo e ha giurato che ad Algeri, in questa stagione, si suda meno che a Parigi.
Ora che i lavori congressuali sono finiti, penso già al ritorno e alle cose da fare in ospedale. In attesa del treno mi siedo a un tavolo della vicina brasserie a sorseggiare una birra e, col giornale tra le mani, cerco di capire bene quel titolo che mi ha preso l’attenzione. Tu guarda! Non esiste pubblicità in questo giornale, neppure quella spicciola, davvero non sono sponsorizzati questi qua e, quanto ad argomenti, mica scherzano; si può mica scherzare quando si parla di precarietà, di morte o di povertà.

Strillone di giornali

Ah! Ecco, torna il giovane strillone. Ha l’aria di uno che vuol attaccar discorso e, chissà perché, si ferma a un passo dal mio tavolo.
- Insomma - osservo a fil di voce - questo è un giornale diverso, non c’è niente sulla moda, niente sulla borsa, niente su finanza e affari. Diete e spettacoli non li ho visti... ma, soprattutto, niente pubblicità… solo precarietà, emarginazione e morte: ce n’è da stare allegri !
-Il giovane strillone è stato ad  ascoltarmi e:- E’ così, monsieur ! - risponde.
E’ sulla trentina, ha gli occhi chiari, il viso scarno e, in testa, un berretto di tela traforata; parla benino l’italiano e, dall’aspetto, sembra davvero in gamba.
- Noi non siamo nelle edicole - fa lui, guardandomi di sottecchi - i padroni di quei vespasiani ci spegnerebbero tra due dita come una candela... vendiamo le copie in strada, vendita diretta... la precarietà non si compra nelle edicole, specie quando in un giornale si parla di marginalità e della mala morte…

- Già ! Ne so qualcosa anch’io - rispondo. - Dice di non aver trovato la pubblicità? Ma lei lo sa cos’è la pubblicità? - soggiunge senza la minima voglia di aspettare una risposta – è una montagna di menzogne, di inganni… pastette calde da fare ingoiare ai miserabili... quei signori che adorano la réclame, succhiano le cervella ai cittadini, monsieur... non è d’accordo che è una cosa schifa come la precarietà e la mala morte ?
- Non mi sento di commentare certe cose in una stazione e con uno sconosciuto; forse non ho neppure una risposta pronta; non ho voglia di tornare su un argomento, guarda caso, oggetto dei miei lavori congressuali appena conclusi.
Intanto i pannelli elettronici aggiornano gli orari dei treni e mi domando perché i treni mi danno sempre tanta nostalgia. Portano in giro ricchi, poveri, furbi, creduloni, illusi e disillusi, tutti alla ricerca di qualcosa che credono di trovare altrove, è sempre altrove quello che non si ha. E chissà per quale ragione si finisce  per fare sempre cose che non vogliamo.
Quando torna lo strillone credo di avere per lui una risposta. Nel piazzale c’è un via vai continuo di gente, I facchini berciano da matti, grondano sudore mentre si affannano coi pacchi e le valigie.
Ah! Ecco lo strillone... gli devo una risposta. Il mio, però, è il punto di vista di un tecnico e il confronto potrebbe essere impari.
- E’ duro risalire contro corrente la Senna... - faccio al giovanotto - vi capisco... - continuo a dire, convinto sia già chiaro a sufficienza il senso allusivo delle mie parole - qualcuno bisogna pure che le racconti le cose brutte alla gente... specie quando le persone non le vogliono sentire certe verità!
- Si , monsieur, è così, bravò ! E non solo la Senna è dura da risalire... sapesse com’è difficile parlare di inganni, di precarietà e di morte alla gente ammodo, quella che la Medicina ha abituato alle promesse d’immortalità.
- Lo dice proprio a me che ne sono dentro fino al collo… - osservo tra me e me.
- La realtà è altro - continua lui - specie oggi che crediamo ai miraggi dell’eterna giovinezza, lei non immagina neppure com’è difficile parlare a certa gente della morte, della mala morte, degli incurabili al termine del loro viaggio… quelli che si portano dentro un cancro…
- Ne so qualcosa anch’io, giovanotto - rispondo -  è davvero difficile… - Già, monsieur, questi malati percepiscono la morte come un fallimento, come una ladra che ti ruba la dignità… La Medicina super tecnologica, monsieur, è lontana dall’uomo della precarietà... con questi uomini, i medici hanno difficoltà a parlare... dovremmo aiutarli a morire bene… sono uomini in attesa... aspettano la putain de mort che, ai fortunati, arriva con la celerità di un fulmine e ai miserabili col passo lento del carnefice…
- Ammetto di restare frastornato dall’intensità e dall’attualità del suo monologo. Anch’io mi domando spesso se Medicina ufficiale fa davvero tutto il possibile per i miserabili che muoiono per un cancro. Anzi, stupito dalla verve del giovanotto, mi è venuta voglia di parlarne.
Ne ho vista di gente impazzire quando lei, la Putain, arriva troppo lenta, è crudele la sua lentezza; ha la pazienza di una tormentatrice, si diverte a indugiare oltre ogni limite prima che l’angoscia si trasformi in quiete e l’agonia in sonno eterno.
Guarda un po’ dove ti può portare il caso: in una stazione a discutere di morte,  quando ho appena finito di parlare di questa cupa signora con dei luminari in un congresso medico. Ma si, in fondo, ovunque se ne parli, gli uomini sono uomini dappertutto, lei non guarda in faccia a nessuno e, come dice il francesino, è puttana con chiunque. Piuttosto, ciò che mi sorprende è che a parlarmi di questo bel tabù sia un giovane strillone sul pavé di una stazione, quando la Medicina non riesce a farlo bene neppure nei suoi luoghi sacri.
- E bravo lo studentino ! - Gli dico mentre, la sigaretta tra le labbra, fissa il mio boccale di birra. Ha gli occhi che mi sfidano e tanta voglia di parlare; ho motivo di credere che è bene indottrinato il paperino.
- Sparate a zero voi altri eh ? - gli faccio mentre ordino al cameriere un boccale di scura anche per lui - scomodate la morale, l’etica, la religione, ragazzo mio ! Sono cose grandi come cattedrali, roba da filosofi, da scienziati, cose su cui si pronunciano solo menti formidabili... -
Mi guarda il parigino, la mia foga non lo sorprende, anzi, l’ha ringalluzzito; vuoi vedere ch’è sincero e crede davvero in quel che dice ? E lui:
- E’ vero ! I grandi sono lontani dalla marginalità, forse anche dalla cattiva morte. Purtroppo sono i piccoli che puzzano di morte già da vivi! Glielo dico io, monsieur, io che ci sto vicino… è tutta gente che si dimena tra una Medicina incerta, pietosa, che si accanisce a curarli coi palliativi, e un’altra, troppo esclusiva che li marginalizza. E’ gente condannata a morire molte volte al termine della vita... e morire, monsieur, è già un lavoro difficile quando lo si fa una sola volta... è il dolore che li uccide, giorno dopo giorno, prima della fine…
- Ma oggi se ne parla a sufficienza... - gli rispondo senza alcun indugio - medici, filosofi, politici e prelati ne discutono, posso garantire che si contrastano e si azzuffano, ma ne parlano… i medici sono divisi tra il tabù della morfina e le cure prolungate, i filosofi si lambiccano tra l’etica e la morale e i politici a trovare il sistema per accontentare tutti… è il clero che il problema l’ha già risolto: Chi va contro la vita, va contro Dio!
- Ah, monsieur, il clero, giusto!  Che capolavoro il clero ! Quello sì che in Italia vi mette i piombi ai piedi... voi arrivate tardi, troppo tardi, anche quando il dolore di un cancro priva un miserabile della dignità !
- Resto male, mica mi piace questa cosa che mi rinfaccia, non la mando giù e questa sua aria da giacobino mi indispettisce oltremodo.
- Mon ami – continua lui, forse, nella speranza di addolcire un po’ la pillola, ma senza l’intenzione di demordere - in Francia un affare come Mani Pulite accadde quando si faceva giustizia con la ghigliottina… in Italia duecento anni dopo!
- Ah, perbacco! Mi sputa addosso, l’indottrinato.
Sono risentito e resto a pensarci su, mentre un’altra voce, in italiano perfetto, interrompe il nostro dialogo. E’ la voce bene impostata di un signore attempato poco distante da noi:
- Sono bagatelle questi vostri discorsi... vi arrovellate su sciocchezze, su cose da sfigati! - fa l’autorevole uomo anziano  - Si, è vero che in Francia chi tolse al popolo  subì giustizia in piazza… ma s’è risolto niente ? Dopo quello ch’è successo duecento anni fa a Parigi, oggigiorno ci sono miserabili sempre più miserabili e potenti sempre più prepotenti… Di piombo, poi, non ne parliamo… voi avete seminato l’Europa intera col vostro piombo… -
La voce è sdegnosa e sprizza patriottismo; forse, l’uomo stava ad ascoltarci già da un pezzo. Ha l’aria austera e ostenta un fare deciso. A modo suo, s’impegna in una difesa strenua della patria italica offesa dal giacobino. Ne ha per lui e anche per me:- La sua linea è debole, caro compatriota - mi fa con voce sprezzante.
- Forse la mia linea sta cedendo per davvero... e lo strillone me le sta suonando - dico tra me e me. Poi torna ancora a incalzare il grand’uomo: - La morte va sfidata, disprezzata ! – così sentenzia alla fine del suo discorso.
Sta per tornare in Italia insieme alla sua signora che si mostra mostra molto soddisfatta del suo uomo e: - Alberto... Alberto… - sussurra lei - caro… il nostro treno è stato già annunciato, conviene muoverci...
– Alé, andiamo! - L’uomo ci saluta e, prima di dare il braccio alla sua donna, ci onora di uno scatto di tacchi.
Col parigino ci scambiamo sguardi di stupore e, insieme, auguriamo ai due un felice ritorno in patria.
- Monsieur ! - mi fa lo strillone - ecco un bell’esempio di uomo idealizzato!
- Cosa ? -  gli domando.
- Idealizzato o idealista… non so bene come dite voi... cioè... ad esempio, un uomo che accetta di morire per un ideale, per una patria… - E tu ? - gli chiedo - come vorresti che fosse per te il destino… tu che ancora così giovane dici di combattere la cattiva morte ? - Ci pensa un po’ il parigino. Mi guarda fisso con due occhi che mi feriscono da sotto la falda del berretto. - Monsieur, semplicemente spero di non avere mai a che fare con una putain de mort... di essere così fortunato da non fare neppure un minuto di anticamera… così non fosse, sarei io a cercare lei ! - Sono parole audaci quelle dello strillone. Mi sembrano, però, fin troppo disinvolte per essere sincere. Combatte la mala morte il parigino, ma è ancora giovane e l’idea della fine non è ancora in cima ai suoi pensieri, ne sono certo.
Conosco dei versi dedicati alle donne di alcuni villaggi africani sub-sahariani che usano consolare la fine dei malati disperati, accogliendoli tra le loro gambe: quasi un viaggio a ritroso che li riporta da dove si è partiti. Due versi che, a bassa voce, recito al parigino: - Ora ch’è finito il giorno mi resta la fortuna di tornare assorto ancora in quella cruna… Ecco, se mi dovesse cogliere la cattiva morte, amico mio - aggiungo - vorrei finirla un po’ come loro, consolato da un gesto di amore e di misericordia.
- Lo strillone mi ha ascoltato sorpreso e, in silenzio, continua a guardarmi con due occhi umidi. Ma, forse il mio, come anche il suo, è solo un parlare visionario di fronte a cose grandi come il dolore e la fine di una vita.
Restiamo entrambi assorti nei nostri pensieri mentre i treni continuano ad arrivare e subito dopo a fuggire; ingurgitano e rigurgitano passeggeri in una corsa irresistibile. Entrambi cerchiamo per i morenti disperati una consolatio, un’agonia felice accompagnata da un gesto di misericordia.
Nel piazzale cala la sera e le luci della brasserie si accendono. Più in alto, si illumina anche la strana réclame su un grande schermo dove, ogni dieci secondi, compare il corpo sinuoso di una bella ragazza. In primo piano il suo sorriso ammaliante e più giù i glutei procaci da dar ragione, al titolo malizioso: Le Sourire… Si, il suo è un sorriso che si porta via le nostre ansie.
In tanti alla Gare Du Nord, ne siamo catturati, anche lo strillone.
- Sarà anche la vetrina dell’inganno la réclame - gli faccio, strizzando l’occhio - ma, a volte, anche cose così danno un po’ di quiete…
- Mais oui, monsieur, alla fine ciò che ci consola è la vita, la bellezza, magari un semplice sorriso…
- Bravo! C’è sempre qualcosa su cui ricredersi, amico mio... - rispondo - è così che s’impara a dare il giusto senso al dolore, alla precarietà e alla morte... 
- Lo strillone annuisce e si allontana a vendere i suoi giornali. Si è pulito le labbra con la manica della camicia dopo l’ultimo sorso di birra e, quando il treno già rumoreggia sui binari, agita il berretto nell’aria come una bandiera e grida: - Adieu, mon ami, adieu !
*Pasquale Biscari, scrittore romanziere

15 marzo 2021

La sanità diseguale

di Pasquale Biscari*

Il Movimento 24 agosto per l'Equità Territoriale ha mostrato all'assessore regionale alla Salute Lo Palco le lacune del sistema sanitario regionale. I referenti della Commissione Sanità del Movimento hanno evidenziato che il prestigio di uno Stato, oggi, si gioca sul terreno della Pandemia e il fattore tempo diventa decisivo per la Salute. Se in Europa gli Stati Nazionali sono accusati di carenza di protezione nei confronti dei cittadini c’è una ragione, perché parlare di Salute significa parlare di Sicurezza Nazionale e difesa dell’Economia .

Il prestigio di uno Stato, oggi, si gioca sul terreno della Pandemia e il fattore tempo diventa decisivo per la Salute. Se in Europa gli Stati Nazionali sono accusati di carenza di protezione nei confronti dei cittadini c’è una ragione, perché parlare di Salute significa parlare di Sicurezza Nazionale e difesa dell’Economia .
In Italia siamo a oltre 100.000 morti, le Terapie Intensive sono sotto stress e l’unica strada da percorrere è quella di mettere la Salute in cima all’interesse del Paese coi Vaccini. Tutti i Paesi europei si sono trovati spiazzati nell’approvvigionamento dei vaccini per mancanza di una politica unitaria ed efficace.

Prova ne è la nuova Guerra Fredda tra le Super Potenze mondiali che fanno a gara e si offrono per salvare, dicono loro o per conquistare, diciamo noi, gli Stati Nazionali deboli nel gestire la Pandemia e fallimentari nel mettere in sicurezza i cittadini. Oggi i Vaccini sono usati dalle Super Potenze come vere testate nucleari per fini di geopolitica e di propaganda.

Se questa è la condizione Europea, quella Italiana, Meridionale e Regionale non è da meno.
La Sars-CoV-2, il dramma collettivo che ci affligge da oltre un anno, spande ancora morte nel Paese.
Meritevole di particolare attenzione è la condizione Meridionale e quella locale della Puglia dove si registra una crescita epidemica vorticosa. Partendo da un assunto riportato su giornali di economia come il Sole 24 Ore, la nostra Regione viene indicata spesso come la Lombardia del Sud, ovvero “la regione che tiene agganciato il Sud al Paese per impedire che il Meridione sprofondi.” A una prima lettura Potrebbe essere un bel complimento, ma non è così, anzi vale il contrario. Tra la Lombardia e il Meridione, infatti, la Sanità è profondamente disuguale. In Puglia non abbiamo finanziamenti che permettono di erogare gli stessi Livelli Essenziali di Assistenza e di Prestazioni assicurati al Nord. Non abbiamo gli stessi Asili Nido, le Mense Scolastiche, le Ferrovie e le Autostrade presenti al Nord; né abbiamo le stessa la Rete Ospedaliera, l’Assistenza Domiciliare, le Case della Salute, gli stessi Screening di Massa per le Malattie Tumorali eseguiti al Nord.
Al contrario, ciò che rende la Puglia simile alla Lombardia, sono le criticità venute alla luce con la pandemia, come lo stesso Prof. Lo Palco, ha evidenziato in un suo comunicato. Con una comparazione incresciosa e quantomai vera il Professore rimarcava una sorprendente analogia tra il primo caso infetto in Lombardia e il primo caso in Puglia, nella fattispecie, in Capitanata come a noi piace chiamare la provincia di Foggia.
Purtroppo è solo questo il dato che rende la Capitanata simile alla Lombardia. E questo perché da noi in Capitanata esiste la maggiore incidenza tra tra il numero dei contagi e popolazione residente e la maggiore mortalità rapportata alla popolazione (una mortalità più che tripla rispetto a Brindisi, Lecce e BAT). Nonostante la bassa densità demografica, (meno della metà delle province prima citate), i numeri sono alti anche rispetto alle altre Regioni e Province del Meridione. Sono dati che allarmano.(Capitanata:9/3/2021>200 decessi;Tasso positività tra tamp/posit>13%
E noi sappiamo anche i perché: i posti letto ospedalieri per acuti sono stati soppressi specie nelle aree montane come il Gargano; mancano le figure del Medico Scolastico; l’Assistenza domiciliare e le Usca sono quasi invisibili; le RSA mal gestite, diventano bombe che fanno esplodere i contagi e le morti tra gli anziani; gli Ospedali di comunità e le Case della Salute sono inesistenti; i centri operativi 118 e i Pronto Soccorso sono intasati e non riescono a far fronte ai malati urgenti non Covid.
Così come pure arranca un Piano Vaccinale davvero operativo per mancanza di vaccini e per il sopraggiungere delle Varianti del Virus. Il tutto quando ancora vige il numero chiuso in Medicina e nelle Specialità mediche di Emergenza e Terapia Intensiva.
Ebbene noi non vogliamo questa Sanità Disuguale: abbiamo bisogno di EQUITA’. Un’Equità, voglio ricordarlo, che non è  quella di parti uguali tra soggetti disuguali, ma parti eque tra disuguali.
E’ questa la ragione per cui noi del Mov24A-ET ci sforziamo di mettere in campo idee nuove, correttivi e risposte efficaci che le Autorità Sanitarie, a oggi, non sono state in grado di assicurare ai cittadini.
*Commissione Sanità Nazionale
del Movimento 24 agosto per l'Equità Territoriale

04 agosto 2021

I fiori neri dell'estate

di Pasquale  Biscari (racconto)

Nico seppe dell’esistenza dei fiori neri un’estate che andò in Gargano a passare le vacanze. Per due settimane, col padre, furono ospiti di Giacomo, un amico di famiglia capo massaro di una azienda agricola arroccata su un’altura a guardia di una piana di ulivi e mandorli degradanti al mare.

Nico seppe dell’esistenza dei fiori neri un’estate che andò in Gargano a passare le vacanze. Per due settimane, col padre, furono ospiti di Giacomo, un amico di famiglia capo massaro di una azienda agricola arroccata su un’altura a guardia di una piana di ulivi e mandorli degradanti al mare.
A distanza di tempo, la ricordava ancora bene quell’estate eccezionalmente secca e ventosa; anche il mare era quasi sempre di cattivo umore, pareva diventare ogni giorno più violaceo e più salato. Il sole aveva prosciugato i campi ed erano ormai ridotte al minimo anche le riserve dei grandi invasi.
Coi ragazzi della masseria, la mattina, facevano lunghe nuotate in mare e, la sera, passavano il tempo a lambiccarsi coi giochi enigmatici di Giacomo, il capo massaro sempre in vena di burle. Sia pure ingenuo, Nico era un ragazzo sveglio e non si faceva abbindolare facilmente da Giacomo.
Il cruccio dei ragazzi erano i fiori neri dell’estate annunciati da Giacomo, quasi  un tormentone; a loro, sembrava assurda l’esistenza dei fiori neri, perché a proporlo era stato quel massaro buontempone di Giacomo.
Davanti alla facce incredule dei ragazzi, Giacomo aveva promesso di portarli nei campi dove crescevano. 
Un giorno, mentre erano a pranzo sul terrazzo, Nico aveva preso uno scapaccione dal padre, perché aveva dato del bugiardo al capo massaro, il più alto in grado di quella comunità agricola.
- Ve lo giuro che esistono… - assicurò Giacomo ai ragazzi - i fiori neri ve li posso far vedere… non solo, ma ne potrete raccogliere quanti ne volete… qui da noi d’estate spuntano a bizzeffe... e più fa caldo, più ne spuntano…

I fiori neri di Monte Sant'Angelo

- Non è vero – incalzò Nico – un fiore è sempre bello, non può nascere mai nero… e, poi, non m’interessano i tuoi fiori neri!
–Quei fiori neri di Giacomo gli suscitavano una sensazione malevola, la percezione di una cattiveria. 
- E questa volta - riprese Giacomo - verrai a vederli insieme agli altri ragazzi per due buoni motivi: primo, perché mi hai dato del bugiardo e, secondo, perché  dovete  imparare a vivere...

- Quella volta, le parole dure di Giacomo e le facce degli adulti seduti a tavola,  d’un tratto diventate serie, zittirono Nico.
Così un pomeriggio, Giacomo in testa, i ragazzi s’incamminarono lungo una  mulattiera sul fianco della collina a ridosso della masseria.
Man mano che salivano gli ulivi lasciavano il posto ai mandorli e questi alle macchie dei pini con siepi di rosmarino. Dopo un breve tratto percorso all’interno di un boschetto di querce, il gruppo seguitò ancora a salire in fila indiana lungo le scriminature del terreno segnate dalle acque e dal calpestio delle capre.
Avevano marciato per più di mezz’ora e Giacomo si fermò a sedere sotto un  carrubo in attesa che arrivassero anche i più lenti.
- Vedete quella macchia scura là in cima? – disse indicandola col dito ai ragazzi  – bene, è lì che d’estate crescono i fiori neri…  noi ci arriveremo tra una decina di minuti. - La macchia scura sulla collina, Nico, l’aveva vista da lontano il primo giorno che era arrivato alla masseria. Quell’ombra cupa gli era sembrata da subito ostile, come una nube minacciosa che oscurava l’altura. E proprio da lì sembrava arrivasse anche l’odore strano, a volte pungente, che gli irritava la gola fino a farlo tossire; la brezza lo spingeva a valle insieme a lapilli grigi, tutti i giorni, alla stessa ora del pomeriggio. Era il tempo che i contadini ardevano le stoppie nei campi, i giorni in cui i fumi e le ceneri volavano nell’aria, ma quello strano odore acre, crudele, malevolo, veniva da tutt’altra parte e lo portava la brezza che dalla collina soffiava sul mare.
Quando ripresero la salita Giacomo raccomandò ai ragazzi di restare uniti e procedere a piccoli passi. L’uomo diventava sempre più accigliato e silenzioso man mano che saliva la china e, superate alcune rocce dentellate ai lati del viottolo, fece notare ai ragazzi ampie isole di terreno arso dal fuoco. L’erba era nera, solo qualche zolla verde spuntava qua e là su un terreno cosparso di cenere. Alberi bruciati, neri, spogli, ceppi spaventosi come fantasmi apparvero ai loro occhi insieme a sterpi carbonizzati sempre più fitti.
Davanti a quella desolante foresta di rocce annerite, pigne arse e aghi di pini sparsi sul terreno molti ragazzi si intimorirono.
Il fuoco appiccato alcuni giorni prima da malavitosi incendiari, aveva trasformato un magnifico paesaggio montano in un lugubre cimitero di piante e piccoli animali uccisi dal fumo. Giacomo taceva già da un po’.
Si era chiuso in un garbato silenzio e aspettava la voce innocente di un ragazzo che rompesse l’aria luttuosa di quel girone infernale. Inutili le parole. Avevano capito ciò che il capo massaro voleva capissero.
A quel punto Nico pensò di doversi ricredere su Giacomo.
Tutti aprirono gli occhi sull’immane delitto e non ci fu davvero bisogno di dire una sola parola  su quella insolita lezione di vita. Continuarono a vagare tra le terre violate dal fuoco che ancora sprigionavano odore di morte e tutti videro in Giacomo un eroe. Era un uomo che resisteva da solo alle crudeli minacce dei malviventi del posto e rigettava i loro progetti malefici per quei luoghi di rara bellezza. Combatteva la sua coraggiosa battaglia contro uomini malvagi che, in estate, seminavano il fuoco tra le verdi alture per far nascere i fiori neri, i fiori del male. 
Prima di allora, Nico, aveva sentito già parlare dei fiori del male, ma non ricordava né quando, né dove. Non poteva sapere che aspetto avessero e dove crescessero fiori con quel nome strano e malevole. Non era che un ragazzo, ma quella volta l’avrebbe giurato: i fiori neri sbocciati nelle terre violate dal fuoco e i fiori del male erano davvero la stessa cosa.
*dai racconti " Il Miracolo di 'Nfernale" di Pasquale Biscari.Man mano che salivano gli ulivi lasciavano il posto ai mandorli e questi alle macchie dei pini con siepi di rosmarino. Dopo un breve tratto percorso all’interno di un boschetto di querce, il gruppo seguitò ancora a salire in fila indiana lungo le scriminature del terreno segnate dalle acque e dal calpestio delle capre.
Avevano marciato per più di mezz’ora e Giacomo si fermò a sedere sotto un  carrubo in attesa che arrivassero anche i più lenti.
- Vedete quella macchia scura là in cima? – disse indicandola col dito ai ragazzi  – bene, è lì che d’estate crescono i fiori neri…  noi ci arriveremo tra una decina di minuti. - La macchia scura sulla collina, Nico, l’aveva vista da lontano il primo giorno che era arrivato alla masseria. Quell’ombra cupa gli era sembrata da subito ostile, come una nube minacciosa che oscurava l’altura. E proprio da lì sembrava arrivasse anche l’odore strano, a volte pungente, che gli irritava la gola fino a farlo tossire; la brezza lo spingeva a valle insieme a lapilli grigi, tutti i giorni, alla stessa ora del pomeriggio. Era il tempo che i contadini ardevano le stoppie nei campi, i giorni in cui i fumi e le ceneri volavano nell’aria, ma quello strano odore acre, crudele, malevolo, veniva da tutt’altra parte e lo portava la brezza che dalla collina soffiava sul mare.
Quando ripresero la salita Giacomo raccomandò ai ragazzi di restare uniti e procedere a piccoli passi. L’uomo diventava sempre più accigliato e silenzioso man mano che saliva la china e, superate alcune rocce dentellate ai lati del viottolo, fece notare ai ragazzi ampie isole di terreno arso dal fuoco. L’erba era nera, solo qualche zolla verde spuntava qua e là su un terreno cosparso di cenere. Alberi bruciati, neri, spogli, ceppi spaventosi come fantasmi apparvero ai loro occhi insieme a sterpi carbonizzati sempre più fitti.
Davanti a quella desolante foresta di rocce annerite, pigne arse e aghi di pini sparsi sul terreno molti ragazzi si intimorirono.
Il fuoco appiccato alcuni giorni prima da malavitosi incendiari, aveva trasformato un magnifico paesaggio montano in un lugubre cimitero di piante e piccoli animali uccisi dal fumo.
Giacomo taceva già da un po’. Si era chiuso in un garbato silenzio e aspettava la voce innocente di un ragazzo che rompesse l’aria luttuosa di quel girone infernale. Inutili le parole. Avevano capito ciò che il capo massaro voleva capissero.
A quel punto Nico pensò di doversi ricredere su Giacomo.
Tutti aprirono gli occhi sull’immane delitto e non ci fu davvero bisogno di dire una sola parola  su quella insolita lezione di vita. Continuarono a vagare tra le terre violate dal fuoco che ancora sprigionavano odore di morte e tutti videro in Giacomo un eroe. Era un uomo che resisteva da solo alle crudeli minacce dei malviventi del posto e rigettava i loro progetti malefici per quei luoghi di rara bellezza. Combatteva la sua coraggiosa battaglia contro uomini malvagi che, in estate, seminavano il fuoco tra le verdi alture per far nascere i fiori neri, i fiori del male. 
Prima di allora, Nico, aveva sentito già parlare dei fiori del male, ma non ricordava né quando, né dove. Non poteva sapere che aspetto avessero e dove crescessero fiori con quel nome strano e malevole. Non era che un ragazzo, ma quella volta l’avrebbe giurato: i fiori neri sbocciati nelle terre violate dal fuoco e i fiori del male erano davvero la stessa cosa.
*dai racconti " Il Miracolo di 'Nfernale" di Pasquale Biscari.

07 aprile 2021

La Signora del Sud

di Pasquale Biscari

Col nuovo governo Draghi si manifesta un colpevole silenzio per il fallimento della loro politica vaccinale. Tutto accade quando aiuti mai visti prima stanno arrivando in Italia per sollevare un Sud succube dei furti e delle angherie di un Nord che lo vuole colonia.

Oggi che il prestigio di uno Stato si basa su una politica accorta e sapiente nel gestire la Pandemia, diventa decisivo salvaguardare la salute dei cittadini coi Vaccini.
In Europa non c’è uno Stato che non abbia avuto problemi con l’approvvigionamento di questi farmaci salvavita usati per una guerra fredda che ha come scopo unicamente il profitto.
Le Multinazionali produttrici nonché le Lobby Politiche e Finanziarie che ne controllano la commercializzazione non si fanno scrupoli a negare o ritardare le consegne. La situazione è diventata talmente critica da permettere a politici capricciosi di far cadere un governo e ritardare ancora più la messa in sicurezza dell’intero Paese.
Col nuovo governo Draghi perdurano tutte le problematiche del passato governo Conte, mentre a Bruxelles si crogiolano in un colpevole silenzio per il fallimento della loro politica vaccinale.
Tutto accade quando aiuti mai visti prima stanno arrivando in Italia per sollevare un Sud succube dei furti e delle angherie di un Nord che lo vuole colonia.

La brigantessa Michelina De Cesare

Tra le tante sfortune, tuttavia, il Sud è ripagato da una ministra come la Carfagna che sembra mostrare buona volontà a battersi per le genti del Meridione d’Italia; una ministra che, lo volesse davvero, potrebbe lottare per la sorte del suo popolo che i gerarchi del Nord vogliono minore. Sì, a suo tempo è stata velina di tutto rispetto ma, oggi, lei è ministra mentre altre restano veline; una carriera che la dice lunga sulle sue capacità politiche e umane.
La Signora del Profondo Sud potrebbe davvero combattere la buona battaglia insieme al Movimento 24 A ET; potrebbe lottare con la forza e il coraggio che occorrono per assegnare al Sud non un euro in meno di quanto previsto dai parametri europei del Recovery Found;

potrebbe farlo per realizzare il ponte sullo Stretto, per valorizzare i porti strategici del Sud, per moltiplicare le ferrovie necessarie per i territori interni, gli asili nido, le scuole, le autostrade e le attività economiche-industriali così come l’Europa raccomanda.
Potrebbe impegnarsi a colmare i fossi, a spianare i dossi e a livellare le grandi disuguaglianze che ritardano lo sviluppo del Paese. Se lo farà non se ne pentirà, perché avrà lavorato per il popolo del Sud, per le persone generose del Movimento 24AET che si danno alla grande per affermare l’Equità Territoriale e non per dei qualcosisti che si accontentano del petit argent e un po' di gloria lasciata loro dalle perfide socie del potere.
Autore: Pasquale Biscari Medico Anestesista e Referente Commissione Salute e Sicurezza Mov24AET.

 

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    Il progetto intende riqualificare l’assistenza ai bambini/adolescenti/adulti con diverse problematiche di salute mentale attraverso una maggiore integrazione dei servizi afferenti ai Dipartimenti di Salute Mentale (età evolutiva/adulta) delle Aziende Sanitarie Locali con l’intera gamma dei servizi sanitari e sociosanitari, soprattutto distrettuali.

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Diritto di crescere il disagio.
Rapporto 1996 sulla condizione dei minori in Italia

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Centro Diurno di Accoglienza Monte Sant'Angelo (Foggia)