03 marzo 2010

I ragazzi della scuola "V.Amicarelli" di Monte Sant?angelo mettono in scena la commedia "Notre Dame de Paris"

a cura di Donata dei Nobili

Per parlare dei senza diritti, degli esclusi, dei vecchi e nuovi gitani, la scuola "V. Amicarelli" ha scelto il teatro impegnato. Ha cercato fra le righe della letteratura, nei tumultuosi e polverosi scritti di Victor Hugo.

E' bello scavare nella storia e trovare il passato che ridiventa presente. Intriga la scuola che naviga nell'oceano della conoscenza per riprendersi lo scrigno degli accadimenti sociali. E' giovane quella comunità scolastica che cerca di sciogliere i nodi della vita di antichi popoli erranti con la catarsi del teatro.

Quella scuola, è l'Istituto Comprensivo Statale "V. Amicarelli" di Monte Sant'Angelo. In questa comunità scolastica, nasce un nuovo modo di vivere i saperi nel proprio tempo storico: il teatro.
A conclusione dell'anno scolastico, i giovani artisti hanno rappresentato il coinvolgente dramma di Victor Hugo: "Notre Dame de Paris". L'hanno fatto, confrontandosi con i grandi temi del presente, considerando il vissuto di un popolo gitano, relegato ai margini delle città, escluso dai centri di potere ed indaffarato nelle ragnatele della povertà, del furto e del crimine.

L'opera letteraria è stata scritta nel 1831, ma ci conduce nel 1482.
Una tribù di zingari arriva a Parigi. Come oggi, allora, pianta le sue tende in periferia. In un pezzo di terra, chiamato " La Corte dei Miracoli". Un non luogo, dove i gitani irrompono per rivendicare il diritto all'esistenza, il diritto d'asilo, il diritto di chi è perseguitato per il proprio modo di vivere. E lo fanno a modo loro. Sul palco, i ragazzi-attori riportano quel vecchio tempo del Basso Medioevo.

A scuotere gli spettatori, sono le emozioni, i sentimenti, le paure ed i linguaggi di donne e uomini, che hanno abitato la città di Parigi. Vibranti racconti, donati con melodiosi canti ed incantevoli, aggraziati movimenti del corpo. Sagome avvolte in succinti panni.
Brandelli di stoffe, stretti sui corpi dei cenciosi. Vesti abbondanti, che irrobustivano le membra degli uomini di potere e celavano le passioni di quelli della Cattedrale. Con questi costumi, i ragazzi hanno saputo portare il pubblico sul sagrato di Notre Dame, nel cuore della religiosa Parigi. I tanti attori-ballerini l' hanno cullato. L' hanno accarezzato con il linguaggio dei corpi per mostrare un uomo. Uno strano uomo: Quasimodo, il gobbo di Notre Dame, il campanaro. Un corpo curvato dal destino degli uomini. Un uomo disprezzato, insultato e nascosto da chi decide la morale dei tempi. Ma lui, vorrebbe amare, vorrebbe esternare la gioia di vivere con gli altri. Non glielo permettono, lo nascondono, lo deridono, lo chiamano pazzo, lo torturano. Quest'uomo deforme, accolto dalla Chiesa, venne abbandonato dai genitori per le loro paure e per la violenza del tempo. Sul palco, i ragazzi svelano i misteri di Parigi, cantano, con garbo e dolcezza, la storia di un diverso, che seppe amare in solitudine in un luogo santo, nella maestosa cattedrale. Li, dove lo sguardo dell'arcidiacono Claude Frollo lo inchiodava al suo ruolo di campanaro deforme, divenuto sordo e muto. Quell' arcidiacono che non seppe resistere alla bellezza gitana, all'armoniosa bellezza di Esmeralda. La giovane donna che primeggiava nella danza e nel canto durante la"Festa dei folli". Un rito sociale antico, legato al rovesciamento parodico del Carnevale, portato all'interno delle chiese.
Un momento di esaltazione popolare, in cui si poteva sovvertire l'ordine gerarchico.
Brava è stata la giovane allieva-attrice che, incarnando Esmeralda, ha saputo fermare il tempo e abbracciare il pubblico con i canti e i dolci ed avvolgenti movimenti espressivi. Durante la rappresentazione teatrale, l'arcidiacono Frollo canta il paradosso della sua vita. Egli non può esternare i sentimenti, imprigionati nel lungo abito talare nero. Anch'egli percorre l'umano sentiero della irresistibile passione. Con Quasimodo, rapisce Esmeralda, ma l'atto ignobile si conclude con l'intervento del capitano delle guardie di Parigi, che salva la giovane zingara.
I ragazzi-ballerini amplificano la tormentosa scena con una danza ritmica movimentata, fino ad esorcizzarla per allontanare e scongiurare il brutto evento. L'agitazione emotiva provocata, raggiunge la calma con il sopraggiungere di un dolce canto, che annuncia l'amore di Esmeralda per il suo capitano. Un donarsi che l'uomo d'armi non può corrispondere. Una passione soffocata in una camera affittata ad ore. Sulla scena, si aggira un'Esmeralda impaurita ed in preda al panico per aver subito l'inganno di un amore fugace e non corrisposto. Un canto di tradimento riempie la sala. Da dietro le quinte del teatro, si intravede una minacciosa ombra. E' l'arcidiacono Frollo, che s'aggira sul palco. Ha in mano un pugnale, che trafigge il capitano. La scellerataggine dell'uomo di Dio non è immotivata, trova ragione nelle leggi della passione, della gelosia. E questo messaggio arriva al pubblico, attraverso il canto di Fiordaliso, di Gringoire, di Quasimodo e di Esmeralda.
Nel pubblico, il momento dell'imprigionamento provoca stupore, sentimento di rancore ed irritazione. Un'ingiuria, un'offesa che gli spettatori hanno vissuto quando Esmeralda, sotto tortura, confessa l'assassinio del capitano, consumato con l'aiuto del demonio.
I giovani attori non danno tregua alle emozioni. Con un'ottima scenografia, rappresentano l'incontro dell'arcidiacono Frollo con Esmeralda nelle segrete della prigione. In quel momento, il bel canto di Esmeralda rivela il contenuto del fraudolento incontro mortale. Esmeralda respinge, ancora una volta, il rachitico amore dell'arcidiacono. Un rifiuto che determinerà l'impiccagione. E' un ritmo forte. Le danze, i canti e la musica dei ragazzi, diventano avvolgenti. Tutti i ballerini si muovono a ritmo sostenuto sul palco. Danno l'idea di quanto sta accadendo. Davanti la chiesa, una folla di popolani, gitani, vagabondi e folli si raduna. Chiedono la grazia per la strega-zingara Esmeralda. Una richiesta di popolo inoltrata al potere sordo. Esmeralda, la bella danzatrice gitana, viene impiccata. All'angolo del palco, compare l'arcidiacono con Qausimodo. In questo modo, la coreografa Maria Michela Stelluti ha voluto rappresentare il supplizio, la rabbia e l'assassinio dell'arcidiacono Frollo per mano di Quasimodo.
Che dire? E' stata una fantastica serata, che non poteva terminare così.

Le luci si spengono, in sala cala il silenzio. Sul palco, resta un corpo di donna senza vita. Un uomo deforme e pieno d'amore si avvicina, si piega ed abbraccia Esmeralda, la gitana assassinata. E' Quasimodo, che grida il suo dolore. E' Quasimodo che urla il suo amore. E' Quasimodo che muore, per vivere l'eterno amore, donato alla donna amata. E' così che Quasimodo muore per rinascere.
Cala il sipario. Ogni attore svela il proprio nome.
Lucia Frattaruolo è Esmeralda.
Domenico Laezza è il capitano Febo.
Daniele Palumbo è l'arcidiacono Frollo.
Pasquale Palumbo è Quasimodo.
Chiara Prencipe è Fiordaliso.
Daniele Santoro è Gringoire.
Michele Vecchi è Clopin.
I favolosi ballerini si presentano:
Maria Chiara Accarrino, Pasquina Pernabotto, Rosanna Ferri, Alessia Grilli, Rossella Grilli, Mariangela Guerra, Luana La Torre, Carmen Lauriola, Arianna Mazzamurro, Raffaella Piemontese, Stefania Piemontese e Emunuela Prencipe.
I fedeli soldati rompono il silenzio:
Ignazio Ciuffreda, Antonio La Torre, Francesco. Marziliano, Giuseppe Pellegrino, Giuseppe Prencipe, Francesco Rinaldi, Lorenzo Santodirocco e Matteo Trotta.
Emozionata è la dirigente Scolastica Enza Santodirocco, che ha creduto in questo nuovo modo di intendere la scuola.
Entusiaste, invece, sono le professoresse Anna Giuseppina Palumbo e Giuseppina Simone, che hanno curato la recitazione, il canto e l'imponente scenografia realizzata dai professori:
Michele Antonio Armillotta, Luigi Guerra e Antonio Mazzitelli.

 

Centro Diurno di Accoglienza Monte Sant'Angelo (Foggia)