Gli ideali legati alla buona volontà

a cura di Severino Tognoni

 

Essere disponibili a rivedere i progetti che non hanno avuto buon esito.

I percorsi terapeutici in comunità garantiscono per loro caratteristiche la ripetizione dell'ambito familiare all'interno di un contesto ambientale riconosciuto come proprio.
Le unità abitative che avrebbero dovuto essere strutturate come appartamenti non sono state costruite per varie ragioni economiche in primis e organizzative per seconda causa. Il fatto di abitare in un luogo "proprio" (gestito dagli stessi pazienti coadiuvati dagli operatori sanitari e sociali), avrebbe stimolato la capacità di decidere.

La partecipazione degli ospiti alla dimensione quotidiana della vita, favorisce una responsabilizzazione, il recupero e l’acquisizione di abilità gestionali che altrimenti non sarebbe possibile ottenere in pieno. Quale vantaggio avrebbero in nostri pazienti se fossero in grado di preparare i pasti e la cura degli spazi? Diventare capaci di condividere regole, esperienze e spazi, dove il gruppo diviene vero e propio strumento terapeutico di elaborazione e integrazione. Il sistema della residenza, la presenza nel gruppo con esigenze diverse, sviluppa il senso di comunità e il proprio senso identitario.

Gli interventi educativi mirati al recupero delle abilità di vita quotidiana, quali appunto la preparazione dei pasti o le attività di pulizia domestica sono sprone per la persona disagiata a cercare autonomamente una riabilitazione psichiatrica, fisica e relazionale, in modo da ottenere un reinserimento efficace e duraturo nella vita famigliare e sociale.

Fatto questo:
dobbiamo aprirci a nuove entità sociali Cgil, Funzione Pubblica, Psichiatria Democratica, dell'Unasam, dell'Arci, Forum Salute Mentale alle quali, da poco si sono aggiunte Cittadinanza Attiva e Caritas, (quest'ultima in qualità di invitato permanente), affinché si adottino le migliori procedure per creare finalmente delle unità abitative (quattro ospiti) utili ai nuovi percorsi terapeutici.
Fino ad ora nulla è stato fatto e proprio per questo la Consulta nazionale per la salute mentale non deve solo cambiare veste, deve anche cambiare mentalità.
Dobbiamo utilizzare le cordate che riuniscono le forze più rappresentative tra gli operatori, le famiglie degli utenti e il volontariato, allo scopo di elaborare progetti che affermino i diritti delle persone con sofferenza mentale e promuovere la loro emancipazione. Dobbiamo pretendere che tutti gli Enti privati e pubblici, devono allineare i loro intenti per meglio presidiare il mondo della salute mentale.
Il miglioramento della qualità della vita dei disagiatii mentali e delle loro famiglie è un principio cardine della massima integrazione nel tessuto sociale. Questo che chiediamo è un diritto costituzionale, oltre che un imperativo categorico di civiltà e di amore cristiano.
Non c'è guarigione individuale e sociale se non è garantito il diritto alla sopravvivenza, è tempo, quindi, che si modifichi l'ingiuriosa somma, di circa 250 Euro al mese, destinate agli invalidi civili.

 

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Pubblicazioni

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Rapporto 1996 sulla condizione dei minori in Italia

Presidenza del Consiglio dei Ministri - 1996

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